Teatro

PARMA, IL BALLO IN MASCHERA INAUGURA LA STAGIONE LIRICA

PARMA, IL BALLO IN MASCHERA INAUGURA LA STAGIONE LIRICA

Parma e Catania inaugurano le loro stagioni 2013 entrambe con il Ballo in maschera per festeggiare il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi con due allestimenti ripresi, entrambi tradizionali, che abbiamo rivisto con piacere (recensione di Catania presente nel sito).

Sia che l'opera debba essere letta come un tragico poema su un amore impossibile e disperato, sia che si debba, al contrario, focalizzare maggiormente l'attenzione sull'aspetto del dovere e della responsabilità, Un ballo in maschera rappresenta una pietra miliare all'interno del corpus verdiano, grazie anche a quella commistione fra ironia e dramma che lo caratterizza e ne costituisce la peculiarità più evidente; un’opera dunque quanto mai adatta a celebrare il bicentenario della nascita del maestro.

Lo spettacolo proposto quest'anno in apertura della stagione lirica è lo stesso che fu presentato, sempre a Parma, al Festival Verdi del 2011: un omaggio a quel grande genio della scenografia che fu Pier Luigi Samaritani, di cui Massimo Gasparon ha ripreso lo storico allestimento del 1988 curandone personalmente la regia all’interno di un’ambientazione che si presenta con tratti decisamente tradizionale, senza però risultare stucchevole o scontata.

Il sipario si leva su un imponente scorcio d'interno dalla prospettiva ardita con la luce che filtra da due finestre laterali; la scena è dominata da una grande scalinata con leoni alla base, posta sulla destra e occupata da una massa di figuranti tra cui spiccano alcuni cardinali (nella Boston protestante alla fine del sec. XVII?). L'antro di Ulrica, tra rocce e vegetazione, è anch'esso illuminato da un sole dorato che filtra lateralmente da un'apertura, mentre l’”orrido campo” del secondo atto, con le sue nebbie e la cattedrale sullo sfondo, ci introduce in una tipica atmosfera cimiteriale alla David Friedrich. Il palazzo dove dimora Renato ci appare come la tipica residenza signorile dell'epoca: l'azione fra lui, la moglie e i congiurati è ambientata in una grande stanza sul cui fondo, ai lati di un camino, si aprono due porte e al cui centro campeggia un possente tavolo quadrangolare, coperto da un drappo rosso, sul quale sono posti strumenti musicali e un mappamondo. Da ultimo il pezzo forte, la sala per il ballo con i suoi fondali dipinti curati nei minimi dettagli, un ambiente grande e sfarzoso con piccoli pilastri alle pareti, ai cui piedi sono disegnate delle nuvole quasi a dare un’idea metafisica, dominato dalle tonalità dell'oro e dell'azzurro.

Ricchi e fastosi i costumi, migliori per quel che riguarda le masse, talvolta forse troppo sgargianti e dai colori quasi elettrici per i protagonisti. Nel complesso si evidenzia la mancanza di qualche idea registica d'effetto che movimenti l’azione o che ne sottolinei in qualche modo i momenti topici, senza appiattire tutto a livello di un’aurea mediocritas che dal punto di vista teatrale sempre aurea non è.

Riccardo è un Francesco Meli in ottima forma, costantemente a fuoco nella parte, agile e sicuro nel canto, convincente quanto a presenza scenica. Buono il Renato di Luca Grassi: la voce, sebbene il timbro non convinca appieno, è potente e l’emissione ben calibrata. Sul versante femminile, tenace e volitiva l’Amelia di Anna Pirozzi, l’interpretazione è espressiva, buono il legato, solido lo squillo. Priva forse dei tratti tipici della possessione diabolica e dell’aura di mistero che dovrebbe circondare il personaggio, ma dalla voce piacevolmente calda e dal timbro tutto sommato scuro, l’Ulrica di Julia Gertseva. Ottima sotto tutti i punti di vista l'interpretazione di Oscar fatta da Serena Gamberoni, briosa, divertente, coinvolgente, ma senza eccessi, dalla voce limpida, ma corposa, con acuti solidi e ben modulati. Con loro: Sergio Vitale (Silvano), Enrico Turco (Samuel), Francesco Palmieri (Tom), Gian Marco Avellino (il giudice), Enrico Paolillo (un servo).

Corretta, ma priva di guizzi o letture particolari la conduzione di Massimo Zanetti, il quale ha diretto una Filarmonica del Teatro Regio di Parma non particolarmente brillante quanto a coesione e tensione esecutiva, che andrà però giudicata meglio sul lungo periodo.
Teatro gremito, pubblico prodigo di applausi per tutti, in particolare per Meli e Gamberoni.